La grande paura della prima scossa del 20 maggio si stava allentando. I soccorsi stavano funzionando e in piena attività. Lo sciame sismico continuo, ma il tempo volgeva al bello e la voglia di ritornare alla normalità superava la paura. La zona rossa di San Felice si riapriva, e anche a Finale, il centro maggiormente colpito, si cominciavano a liberare le piazze del centro storico. Riaprivano gli esercizi commerciali, nelle zone industriali l’opera di ricostruzione già iniziata, la Bassa è un grande cantiere che vede impegnati tutti, imprenditori e lavoratori, per realizzare le condizioni per una ripresa del lavoro, indispensabile per assicurare un futuro ai cittadini.
Anche nelle campagne dove gran parte del patrimonio abitativo, gli edifici rurali e le stalle sono distrutti, si lavorava alacremente per riprendere le attività, c’è da trebbiare il frumento, i meloni sono ormai pronti, nei frutteti pesche e pere sono da raccogliere e la filiera del parmigiano reggiano deve riprendere a funzionare.
Alle ore 9.00 una nuova tremenda scossa 5.8 ricaccia tutti nell’incubo. Le scosse si susseguono e giungono le prime tragiche notizie in diretta tv, si contano i morti; 1, 2, 3, 4 infine 17 persone muoiono schiacciare dalle macerie, decine sono i feriti, quasi tutti lavoratori che avevano ripreso il lavoro o che stavano sistemando i capannoni già lesionati dalla prima scossa. Cinque morti a Mirandola, tre a San Felice, tre a Medolla e tre Cavezzo. Un morto a Concordia. Tra le vittime anche il parroco di Rovereto colpito mentre cercava di recuperare la statua della Madonna nella sua chiesa.
Il terremoto interessa una nuova faglia, il cratere dei paesi terremotati si allarga e i danni si moltiplicano. Questa volta i comuni più colpiti sono Cavezzo, Mirandola, Medolla, Novi, Concordia e San Possidonio. Anche Carpi conta numerose case ed edifici pubblici lesionati. La drammatica sequenza di scosse continua e giunge al culmine con le 4 scosse in rapidissima successione dalle 12.55, da sembrare un’unica interminabile scossa, tutte di magnitudo superiore a 5. Cresce la disperazione della gente, paesi solo toccati dalla prima scossa del 20 con questo secondo terremoto sono in ginocchio, case e capannoni prima lesionati, ora crollano come castelli di carte, tutti centri storici diventano zona rossa ove non si può entrare, la vita si ferma.
Le persone devono essere soccorse, immediatamente la rete della solidarietà della Protezione Civile si mobilità, da ogni regione arrivano nuove colonne mobili e da 12 campi si passa a 48 campi di accoglienza. Fra ospiti nelle tendopoli e nei centri di raccolta e persone alloggiate in alberghi si passa da 8000 a oltre 13.000 persone nel solo modenese. Non si contano gli sfollati presso amici e parenti; ovunque, anche a Modena, sorgono campi spontanei di tende, i più non osano rientrare nelle proprie abitazioni anche se agibili.
La paura e la disperazione prendono il sopravvento.
Ma è in questi momenti che gli uomini danno il loro meglio, ci si ritrova in un’unica comunità ad affrontare un pericolo sconosciuto, imprevedibile e per questo ancora più tremendo.
Si riparte da capo, tutte le verifiche e i sopralluoghi sugli edifici vengono riprogrammati, la conta dei danni, le agibilità e le ordinanze di demolizione aggiornate. Gli amministratori locali, i tecnici e gli operatori dei Comuni e dei diversi enti locali sono sempre in prima linea, organizzano i soccorsi e con l’esempio del loro impegno danno speranza e infondono fiducia, chiedono aiuti, ora, subito, per rialzarsi sulle proprie gambe.
Al CCS l’attività è frenetica, le giornate durano più di 24 ore. Da ogni dove chiedono aiuto e offrono aiuti.
La macchina della solidarietà marcia veloce, pur incontrando inevitabili problemi, riesce in una impresa impossibile, assistere oltre 100.000 persone coinvolte dal sisma. E già si pensa alla ricostruzione.
La gente, gli imprenditori, i lavoratori della Bassa chiedono di essere messi in condizione di continuare a dare all’Italia quello che fino ad oggi hanno saputo dare, solidarietà e ricchezza, fatti e non parole.
In queste giornate si scrivono migliaia e migliaia di storie individuali drammatiche, a volte eroiche, la solidarietà scrive pagine disperate e pagine bellissime. Sarebbe bello che la memoria di questi momenti non andasse perduta. Accanto alla ricostruzione delle imprese e delle case, delle scuole e degli ospedali, dei castelli e delle chiese, speriamo che qualcuno già lavori perché nulla vada perduto e le cronache diventino storia e racconto di una comunità.