È ormai evidente che la grande festa per il 150° dell’Italia unita, anziché creare coesione nazionale divide. Però sono ben poche le voci che ne spiegano il motivo.
Le motivazioni sono da ricercarsi nel modo in cui il Risorgimento si è sviluppato e realizzato. In Italia, come tutti sanno, raramente quando si deve fare qualcosa si seguono i suggerimenti del buon senso. E questo è avvenuto anche per quanto riguarda l’unificazione della penisola. A fronte della richiesta maggioritaria di avviare un processo di unità pacifico, seguendo la via federale (un po’ come si sta facendo adesso con l’Europa), si è scelto di procedere in maniera violenta con una guerra di conquista di uno Stato a danno degli altri (sempre utilizzando il parallelismo europeo, come hanno cercato di fare Napoleone e Hitler).
Però, come era prevedibile, questo modo di agire, contrario alla volontà della grande maggioranza della popolazione, ha creato più spaccature che non unità. Dal Risorgimento è nata la frattura tra il Nord e il Sud, quella tra laici e cattolici (ricordiamo che la Chiesa ha riconosciuto il nuovo Stato solo nel 1929, quando vennero stipulati i Patti Lateranensi), e ha creato quella grande frattura con un ideale etico della gestione della cosa pubblica che purtroppo manifesta le sue conseguenze ancora oggi. Le prime grandi ruberie e scandali finanziari infatti si verificarono durante e subito dopo il raggiungimento dell’unità.
Stante queste origini tutt’altro che lusinghiere non può far meraviglia che la gente, consciamente o inconsciamente, non percepisca l’unità come un valore assoluto. Soprattutto quando queste celebrazioni sono un grande esercizio di retorica e non fanno quello che chi veramente ama una patria è tenuto a fare: capire gli errori di allora per correggerli, nel nome del benessere comune.
Invece vediamo che gli unici che vogliono istericamente festeggiare a tutti i costi sono gli ambienti istituzionali, spesso non sapendo neanche cosa festeggiano. Emblematico, a questo riguardo, è il mondo della sinistra che, proveniente da una tradizione antirisorgimentale, si è ritrovata in questi ultimi anni su posizioni che possono tranquillamente essere definite fascistoidi. Infatti negli anni Venti Togliatti non esitava a definire il Risorgimento “una schifezza”, vedendo con lucidità in esso l’origine culturale dell’avvento del fascismo. Mentre fino a pochi anni fa al Sud gli ambienti che rivalutavano il cosiddetto brigantaggio erano tutti di sinistra, dal momento che questo veniva interpretato come rivolta proletaria contro l’unità d’Italia fatta dalla borghesia.
Ma ormai la confusione, supportata dall’ignoranza sui fatti storici, impera.
E infatti, onestamente, gli unici che sarebbero storicamente e culturalmente legittimati a festeggiare, sono proprio quelli che si richiamano alla tradizione politica nazionalista e fascista. Ma vediamo che adesso, probabilmente con una certa sorpresa anche da parte loro, molti si stanno ritrovando sulle loro posizioni.
Per la Lega Nord l’unità sarà da festeggiare quando si sarà posto rimedio alle grandi fratture nazionali che sono nate in epoca risorgimentale. Prima di allora, oltre che esercizio di inutile retorica, i festeggiamenti sono una presa in giro del popolo che lavora e che subisce il permanere di quelle spaccature.