Abolizione delle Province, una riforma strutturale attesa

Dante Mazzi
capogruppo PdL.
[n. 8 - settembre 2011 - Dal
Consiglio]

In questi mesi estivi i mercati finanziari hanno evidenziato l’onda lunga della crisi economica che ha reso indispensabile una urgente manovra governativa per il riequilibrio dei conti pubblici.

E’ bene ricordare ancora una volta che le cause della crisi non sono interne. L’Italia ha importato e subìto gli effetti del crollo finanziario internazionale, che ha messo a nudo la fragilità di un sistema economico gonfiato e compromesso dall’eccesso del debito rispetto all’economia reale. A ciò si è aggiunta la recente decisione del presidente Obama di aumentare il debito degli USA, un provvedimento epocale analogo alla fine della conversione del dollaro in oro, imposta da Nixon esattamente 40 anni fa. Obama è riuscito ad evitare il default del debito pubblico USA, ma ha innescato la fibrillazione dei mercati finanziari internazionali con una violenta reazione a catena che ha inevitabilmente colpito anche l’Italia.

In sostanza è venuto il tempo per tutti i Paesi occidentali di mettere ordine nei conti pubblici. La situazione italiana è ancora più grave perché il debito pubblico è cresciuto oltre ogni limite ragionevole a causa di sprechi, privilegi e riforme strutturali sempre rinviate.

In emergenza non è facile varare in tempi rapidi una manovra da 54 miliardi di euro per raffreddare le tensioni dei mercati finanziari. Soprattutto non è facile trovare l’unanimità dei consensi quando si tagliano privilegi e si aumentano le imposte. Al contrario tutti hanno cercato di difendere il loro orticello, invitando a guardare e tagliare altrove, pubblicando in modo indecoroso inaccettabili liste di proscrizione.

Eppure In questa manovra così tribolata e contestata ci sono anche delle riforme strutturali, che avranno effetti positivi nel lungo periodo, quali ad esempio l’abolizione delle Province, un provvedimento già condiviso da diverse forze politiche di opposti schieramenti, quindi atteso da anni ma mai realizzato.

Le ragioni politiche per l’abolizione delle Province sono due: rappresentano un costo notevole e sono di scarsa utilità. Sono enti intermedi tra Regione e Comuni, ma non essendo sovraordinati non hanno poteri sanzionatori. Di conseguenza sono l’anello debole di una catena istituzionale che può e deve essere accorciata. Tutte le loro funzioni, poca cosa rispetto a quanto viene deciso a Roma o nei capoluoghi di Regione, possono essere svolte dai livelli di governo superiori o inferiori. 

L’esperienza di Modena rafforza il convincimento che l’abolizione delle Province è un primo passo  importante per una riforma strutturale che però dovrà proseguire a tutti i livelli istituzionali.

Economicamente non c’è solo un risparmio di risorse pubbliche utilizzate quasi esclusivamente per il mantenimento della struttura, ma anche maggiori risorse dalla vendita di immobili adibiti a sedi e partecipazioni finanziarie, quali ad esempio i 30/M di euro in azioni di Autobrennero Spa.

Dal punto di vista istituzionale c’è da sottolineare lo scarso, per non dire nullo, peso politico nelle decisioni strategiche. Basti pensare al deposito di stoccaggio di gas a Rivara e alla Cispadana. Nel primo caso sono stati spesi 20.000 euro solo di consulenze esterne per ottenere un parere su una decisione che in definitiva spetta a Governo e Regione. Per la Cispadana il Consiglio provinciale è stato coinvolto marginalmente, solo in Commissione a seguito di mia ostinata richiesta di audizione delle parti interessate.

In definitiva la principale funzione della Provincia è la pianificazione per l’attuazione di quanto è già stato deciso dalla Regione. Basti pensare a PTCP, PIAE, POIC, PPGR, i cui elaborati, frutto di anni di lavoro, denaro pubblico ed elevate professionalità del personale, possono, come l’esperienza insegna, essere bellamente disattesi dai Comuni.

A proposito dei dipendenti occorre sottolineare che l’abolizione della Provincia non coincide con la perdita di posti di lavoro. Nonostante gli ingiustificati allarmismi lanciati in questi giorni è ovvio che dovranno essere salvaguardati diritti acquisiti e professionalità. Tenuto conto che le funzioni torneranno in capo alla Regione, spetterà alla Regione stessa provvedere alla stipula di nuovi contratti di lavoro per il personale provinciale, patrimonio e risorsa irrinunciabile per gli adempimenti cui saranno chiamati Regione e Comuni nell’ambito della redistribuzione delle funzioni a livello territoriale.

Pubblicato: 12 Settembre 2011Ultima modifica: 09 Giugno 2022