Negli ultimi anni il numero di acquisizione della cittadinanza è in aumento. Registriamo 1,4 persone ogni 100 stranieri residenti, un nuovo cittadino ogni mille abitanti in Italia. Nonostante tutto, la media italiana rimane bassa nella comunità Europea.
Il rapporto Eurostat relativo al 2009 ha evidenziato come nell’Europa dei 27 l’acquisizione di cittadinanza sia in aumento: nel 2009 sono state 776.000 le persone che hanno acquisito la cittadinanza negli stati membri, contro le 699.000 del 2008. I numeri più alti sono quelli di tre grandi paesi di immigrazione come Regno Unito (204.000 persone), Francia (136.000) e Germania (96.000), che insieme raccolgono più della metà di tutte le nuove cittadinanze concesse dai 27 stati membri. Confrontando il numero di cittadinanze assegnate, con il numero dei residenti stranieri, le percentuali più alte sono state raggiunte in Portogallo (5,8 cittadinanze ogni cento stranieri), Svezia (5,3), Regno Unito (4,5). La media europea è del 2,4 e l’Italia è al di sotto, con l’1,5. Nel rapporto con la popolazione residente, le percentuali più alte sono state raggiunte in Lussemburgo (8,1 cittadinanze ogni mille abitanti), Cipro, Regno Unito e Svezia.
Il diritto alla cittadinanza costituisce uno dei primi passi nel percorso d’integrazione di ogni persona siano essi adulti residenti da alcuni anni nel paese di accoglienza o giovani che nascono e crescono in Italia, o semplicemente arrivati in minor età e che non conoscono il paese di origine dei genitori. L’esclusione alla partecipazione sociale e politica nella comunità di residenza, nella maggior parte dei giovani diventa un fattore scatenante per il disagio in ambito scolastico e nella vita relazionale con i coetanei.
In Italia vige ancora la legge sulla cittadinanza “legge 91 del 1992” basata sullo Jus Sanguinis cioè sui legami di sangue, mentre in molti paesi della comunità europea è basta sullo Jus Soli, cioè sul fatto di essere nato sul suolo del paese.
Le recenti leggi sull’immigrazione e il pacchetto sicurezza hanno modificato anche percorsi su altri status, come la richiesta della cittadinanza per matrimonio dopo 2 anni di tempo, invece di 6 mesi.
Per quanto riguarda la partecipazione politica, il migrante non ha diritto di voto alle elezioni amministrative e politiche in Italia.
“L’Italia sono anch’io” campagna nazionale per i diritti di cittadinanza e il diritto di voto, propone alcune modifiche:
Per quanto riguarda la cittadinanza
per nascita: chi nasce in Italia da almeno un genitore legalmente presente da un anno (che ne faccia richiesta) è Italiano, così come sia Italiano chi nasce in Italia da genitori stranieri nati in Italia, introducendo il principio dello Jus soli.
per naturalizzazione: rispetto ai minori i bambini e le bambine che, nati in Italia da genitori privi del titolo di soggiorno, o entrati in Italia entro il 10° anno di età, vi abbiano soggiornato legalmente, possono diventare italiani con la maggiore età se ne fanno richiesta entro due anni. Inoltre, su richiesta dei genitori, diventano cittadini italiani i minori che hanno frequentato un corso di istruzione. Rispetto agli adulti, la domanda di cittadinanza può venire presentata da uno straniero legalmente soggiornante da 5 anni con l’impegno del Sindaco nella presentazione dell’istanza al Presidente della Repubblica; sono inoltre previsti 3 anni di residenza per l’ottenimento della cittadinanza italiana di migranti in situazioni particolari (rifugiati, apolidi). Abbreviare i tempi per la richiesta e di attesa della cittadinanza rimane uno degli obiettivi principali per gli adulti.
Per quanto riguarda il diritto di voto agli extracomunitari residenti: il voto amministrativo deve essere riconosciuto se si intende operare nel riconoscimento di una società complessa e con l’obiettivo della coesione sociale secondo libertà, uguaglianza, parità di diritti e doveri.
Pensiamo al diritto di voto per gli stranieri come fondamentale processo di “manutenzione” della democrazia; convinti che la partecipazione politica faciliti l’integrazione e la ricerca di interessi comuni.
Nel nostro paese, il migrante contribuisce ormai al 11% del Prodotto Interno lordo e dovrebbe essere coinvolto nella scelta degli amministratori locali nelle elezioni amministrative.
È nostro interesse, promuovere l’integrazione e la responsabilità verso la cosa pubblica di coloro i quali sono venuti in Italia con progetti di permanenza di medio o lungo termine e che contribuiscono positivamente alla vita delle nostre comunità.
Dobbiamo puntare al totale recepimento dalla Convenzione di Strasburgo del 5 febbraio del 1992 assicurando così a chi è residente da almeno 5 anni nel nostro territorio il diritto di elettorato attivo e passivo in occasione delle elezioni amministrative di livello comunale ed infra-comunale.