I giovani e il sapere: quale futuro?

[n. 2 - ottobre 2010 - Dal Consiglio]

Il 14 settembre è suonata la campanella d’inizio del nuovo anno scolastico: un inizio segnato  da un coro di  proteste, proteste  dei docenti precari vittime di un licenziamento massivo che risponde solo ad una logica di tagli,  proteste di diversi docenti di ruolo soprannumerari  che non hanno più una cattedra,  proteste dei presidi costretti a gestire due scuole contemporaneamente,  proteste dei genitori inconsapevoli di quante volte il figlio  dovrà tornare a casa perché senza supplente o costretti ad optare per  un tempo scuola che non hanno scelto,  proteste dei genitori di alunni disabili che vedono negato il diritto allo studio dei propri figli,  proteste degli studenti costretti a “formarsi” in classi anche da 30 unità con danno evidente della qualità didattica e mettendo a rischio la sicurezza.

La Provincia di Modena, pur in una situazione di marcati ritardi ministeriali e d’incertezza per i cambiamenti dei quadri numerici dovuti all’applicazione di quanto disposto dalla riforma “Gelmini”, ha investito circa 35 milioni di euro negli ultimi anni per potenziare gli istituti modenesi e garantirne la sicurezza.

A fronte del previsto aumento di circa un migliaio di iscritti, per l’anno scolastico 2010/2011, nelle scuole modenesi di ogni ordine e grado è stato  previsto un taglio di 212 docenti. Secondo i dati forniti dall’Ufficio scolastico regionale, a Modena sono venuti  a mancare 128 docenti dell’organico di diritto alle superiori, 47 alle medie, 38 alle elementari, colpendo anche la formazione degli adulti, una   discriminazione  trasversale  rispetto ad altre regioni dove invece gli studenti calano. Una situazione paradossale che colpisce  le situazioni territoriali più virtuose, disperdendo l’importante patrimonio di competenze costruite.

Ancora sono evidenti le difficoltà della scuola dell’infanzia e dei Centri territoriali permanenti (Ctp); nel primo caso  l’effetto combinato dell’incremento costante dei bambini,  la carenza di offerta di sezioni statali, il taglio delle risorse agli enti locali, hanno isolato la scuola dei  più piccoli  lasciandola spesso sola nel  trovare soluzioni e  risposte alle legittime richieste delle famiglie. Per quanto riguarda i Ctp, la riduzione degli organici  va a colpire  le attività del Centro che sono rivolte ad adulti  a bassa scolarità e che vogliono riprendere gli studi, ragazzi e ragazze dal 16° anno d’età che non hanno finito la scuola dell’obbligo, stranieri in possesso di regolari documenti di permanenza in Italia che vogliono imparare e/o migliorare l’italiano. Inoltre si rischia di disperdere le competenze e le specializzazioni acquisite dai docenti.

E’ giocoforza domandarsi se il Governo è davvero consapevole del fatto che un paese che non investe nella scuola e nella formazione non sia  un  paese destinato al crollo culturale, sociale e di conseguenza economico. Osservando i fatti di questi ultimi mesi, si intuisce che non c’è coscienza di una scuola pubblica che funga da sistema portante per una società civile e da supporto alle famiglie. Investire e tutelare la qualità dell’offerta formativa è sinonimo di crescita e sviluppo, parole che da tempo il nostro paese ignora. La scuola dovrebbe essere per i giovani un luogo protetto in cui provare ad allargare le ali, in cui cominciare a vivere in gruppo imparando a sviluppare le capacità razionali, ma anche gestire le emozioni e i sentimenti. Purtroppo le tante incertezze che il sistema scuola si trova a vivere si riflette anche nella relazione insegnante-alunni. Gli insegnanti chiedono che gli si permetta di “essere insegnanti” a pieno titolo, di essere punto di riferimento per la vita dei giovani. Purtroppo gli stereotipi, i luoghi comuni, i giudizi affrettati, che anche alcuni ministri dell’attuale Governo hanno contribuito a diffondere, non aiutano a creare quel clima di serenità, di fiducia e di collaborazione necessario alla scuola.

Pubblicato: 01 Ottobre 2010Ultima modifica: 26 Maggio 2022