La mafia italiana sta comprando le aziende in crisi di liquidità. Compra in Lombardia, nel Nord Est, a Roma e in tutte le altre regioni.
Secondo un recente studio del Censis che analizza le opinioni espresse da oltre 750 imprenditori meridionali intervistati sui temi della sicurezza, la criminalità organizzata può acquisire il controllo diretto di talune aziende che operano nella legalità, può intervenire sul mercato attraverso imprese destinate prevalentemente al riciclaggio di denaro e, inoltre, può operare nel sistema degli appalti pubblici inficiando il corretto svolgimento degli stessi.
Il Sole 24 ha ripreso l’argomento definendo l’economia illegale e criminale il problema ” cruciale del paese”. A parere del giornale di Confindustria il fatturato annuo dell’economia illegale e criminale è di 420 miliardi di euro, circa un terzo della ricchezza nazionale prodotta in un anno, sottratta a qualsiasi controllo dello Stato. Una risposta il governo italiano però l’ha data: il terzo Scudo Fiscale. Con uno scudo fiscale unico al mondo perché prevede l’anonimato di chi fa rientrare i capitali senza prevedere una rigorosa certificazione sull’origine degli stessi e con una tassa del 5% del totale.
Dall’unità d’Italia è passato un secolo e mezzo. Perché lo Stato non è riuscito a sconfiggere la mafia? Giovanni Falcone ha scritto che la mafia è un fenomeno umano e come tale finirà.
La mafia italiana (Cosa Nostra, Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita), oggi è più forte, ricca e florida che mai: non solo non è stata sconfitta nonostante lo Stato abbia impegnato la sua credibilità, i suoi servitori migliori. La ragione è semplice: la Mafia sta nella società civile, nelle banche dove passa una parte del riciclaggio del denaro sporco, nei paradisi fiscali, nelle amministrazioni locali, in Parlamento.
Mafia e sviluppo vanno a braccetto; la mafia ha bisogno dello Stato, delle sue istituzioni e dei suoi soldi; la mafia prospera in mezzo a una crisi come l’attuale perché sostituisce le banche e soccorre con una enorme liquidità le imprese legali.
Ma la presenza mafiosa modifica in profondità anche la democrazia.
Considerarla una questione di ordine pubblico da affidare alla magistratura e alle forze dell’ordine gioca a suo favore. La mafia, infatti, sul mercato risponde alle regole della domanda e dell’offerta, di beni e di servizi che i cittadini del mondo chiedono: droga, merci contraffatte, prostitute, esseri umani da sfruttare, rifiuti da smaltire. Richieste che costituiscono la libera domanda del mercato alla quale la mafia risponde in maniera rapida ed efficiente. La mafia quindi non ha bisogno di sparare. Essa corrompe e compra, trasforma l’economia e trasforma la democrazia in una parola vuota.
La lotta alla mafia diventa vincente se la assume come prioritaria la politica. Perché è la politica che decide le rappresentanze nelle istituzioni, promuove le condizioni per gli in vestimenti e i posti di lavoro, approva le leggi per la confisca dei beni mafiosi ecc.
Il silenzio e la rimozione del problema aiutano a procrastinarne la soluzione fino a quando sarà inutile intervenire: bisogna guardarsi dal silenzio.
E’ necessario avviare un lungo impegno per l’educazione alla legalità che affronti i problemi reali: criteri di selezione delle classi dirigenti; democrazia e trasparenza nei partiti; economia e occupazione e condizionamenti della criminalità ecc. La scuola è la sede naturale per la formazione di buoni cittadini. E’ per questo che la solidarietà a Don Boschini e a Davide Cerullo è quella che si deve ad un educatore di legalità, non ad un eroe, sicuramente un ruolo più difficile; la mafia è crudele con i deboli e debole con i forti.
Poi, ma non secondariamente bisogna mettere in campo la vigilanza e il controllo in tutte le istituzioni nelle quali circola molto denaro.
La mafia buona fa affari, costruisce palazzi anche quando la popolazione diminuisce, smaltisce rifiuti di ogni tipo, apre e chiude negozi, compra supermercati, ha rapporti con la politica,
Non c’è un prima e un dopo, né temporale né logico, tra azione riformatrice sul piano economico, sociale, istituzionale e la repressione-prevenzione specifica delle attività criminali di tipo mafioso. Infatti il punto in cui si saldano le due strategie è quello, essenziale, della difesa e della promozione dei diritti e delle libertà fondamentali (dal lavoro, alla casa, alla salute) la cui realizzazione è in larga misura affidata, specialmente nel Mezzogiorno, a un sistema di mediazione politico-mafioso sempre più opprimente e violento.