No al ticket dell’illegalità

Elena Gazzotti, consigliera PD.
[n. 9 - ottobre 2011 - Dal Consiglio]

Negli ultimi mesi la nostra provincia è stata attraversata da diversi fatti che come Consiglio Provinciale abbiamo voluto cogliere:

  • la richiesta di residenza a Bomporto, in un quartiere in cui sono stati recentemente arrestati affiliati di un boss camorrista, sottoposto a misura di sicurezza;
  • lo sfregio di una mostra sull’infanzia negata nel quartiere napoletano di Scampia, le intimidazioni, gli atti di vandalismo e danneggiamento in una parrocchia modenese;
  • la denuncia da parte di un sindacato di una situazione sospetta di rapporto tra una famiglia pugliese e imprese in difficoltà economica nella nostra provincia.

        Fatti molto diversi, che non possiamo mantenere disgiunti alla storia quarantennale di presenza delle criminalità organizzate nel nostro territorio, e alla particolare pericolosità che questo fenomeno presenta dal punto di vista politico; fatti che mettono in evidenza almeno due elementi.

        In primo luogo che ci sono tante risorse per reagire alla diffusione delle forme di illegalità: si chiamano amministratori che denunciano, controllano, ascoltano i problemi del territorio e sanno promuovere progetti seri; istituzioni che indagano e controllano; forze sociali attente che colgono i segnali nascosti ed esercitano la loro responsabilità civile; persone e gruppi che cercano di svolgere il loro ruolo di cittadini costruttori del tessuto sociale e civile che viene prima e dopo le leggi, perché esse dovrebbero mantenere i comportamenti reciproci orientati a giustizia e rispetto reciproco. Risorse indispensabili laddove le attività illecite, grazie a una fitta rete di relazioni e scambi di servizi reciproci, si confondono con quelle lecite attraverso il riciclaggio o lo spostamento di capitale all’estero, dove il grigiore delle azioni illegali di ognuno richiama l’oscurità criminale.

        In secondo luogo però, questi fatti e non solo, ci chiamano anche in causa per sviluppare la capacità di ascolto dei territori e di uno sguardo attento, che sappia cogliere cosa essi esprimono nei termini dei veri problemi e lacerazioni da affrontare: per dare avvio a nuove o rinnovate azioni che sappiano animare la tensione civile, morale e politica dei cittadini tanto attaccata dalle tendenze individualistiche del nostro tempo e rendere le nostre città e paesi luoghi di democrazia.

        Negli ultimi mesi abbiamo sostenuto, tra le altre, la richiesta dell’ampliamento delle adesioni all’Osservatorio Provinciale degli Appalti Pubblici, perché possa essere strumento di orientamento nelle scelte e di controllo anche per i piccoli Comuni e lo studio di forme di applicazione ed estensione di controlli ad appalti privati e quelli per i servizi alla persona, le pulizie, le cooperative spurie; la promozione dell’adesione all’Associazione di Regioni ed Enti Locali “Avviso Pubblico”, che da anni mette in rete formazione, conoscenza, relazioni e prassi positive utili a far crescere nello scambio il nostro e altri territori; la semplificazione di pratiche burocratiche (es/DURC); l’investimento, quantitativo e qualitativo sulle Forze dell’Ordine e la macchina della giustizia in un territorio che è cresciuto e cambiato ma che non si è adeguato a ciò; la richiesta di approfondimento della diffusione territoriale e degli interventi in campo rispetto a caporalato e dipendenze da gioco d’azzardo, percorso che vedrà impegnate le commissioni consiliari nelle prossime settimane.

        Il “ticket dell’illegalità” costa a ognuno 15 euro al giorno. Come ha affermato l’ex governatore della Banca d’Italia “contrastare le mafie (…) serve a rinsaldare la fibra sociale del Paese ma anche a togliere uno dei freni che rallentano il cammino della nostra economia”. Le mafie sono un problema politico e culturale, oltre che economico. Allora dobbiamo sradicare l’illegalità che frantuma il nostro vivere comune e ci riempie di sfiducia reciproca, partendo da qui, dalle amministrazioni, da chi è più visibile e guardato, perché non si possa più credere e magari consolarsi perchè “così fan tutti”.

        Pubblicato: 12 Ottobre 2011Ultima modifica: 09 Giugno 2022