Terremoto, come affrontare l’emergenza e la ricostruzione

Dante Mazzi, Capogruppo PdL.
[n. 4 - Terremoto nel modenese - Dal Consiglio]

Interrogarci come affrontare la ricostruzione del dopo terremoto quando ancora la fase dell’emergenza non si è conclusa può sembrare una fuga in avanti, ma ragionare del futuro in questo momento può consentire di lavorare nel presente con maggiore consapevolezza e di imboccare un percorso virtuoso che ci tenga lontano da errori ed esperienze infruttuose.

Per quanto riguarda l’emergenza purtroppo non ci sono tempi certi sulla durata, perché non ci troviamo di fronte ad un normale evento atmosferico. Il terremoto è un fenomeno abbastanza sconosciuto su cui gli stessi tecnici sono divisi.

Subito dopo la prima scossa del 20 maggio si era detto che l’emergenza sarebbe durata 60 giorni, ma questo non può essere un termine burocratico, ma è dettato dalla natura e dagli eventi, perché tutto dipenderà da che cosa succederà nei prossimi tempi.

Dobbiamo però già considerare due questioni: come assicurare le condizioni perché si possa ritornare alla normalità e sostenere la ricostruzione sul versante della legalità e della fiscalità.

Abbiamo parlato tante volte di infiltrazioni mafiose, abbiamo già detto che in tempi di crisi la mafia ingrassa, fa i suoi affari. Questo disastro naturale ha accentuato la crisi economica e occorre molta attenzione: ci sono persone che naturalmente sono provate e magari cedono alla lusinga di vendere le loro aziende, le loro case, le loro attività anche a prezzi stracciati. In questi frangenti mafia e speculazione si sono mosse sempre bene, quindi vanno contrastate da subito e propongo che vengano monitorate le compravendite e che le attività acquistate successivamente al terremoto non possano partecipare ai benefici della ricostruzione. Ciò significa che coloro, che dopo il terremoto hanno acquistato a prezzi di saldo, non potranno beneficiare dei contributi per la ricostruzione, altrimenti  sarebbe un ulteriore danno per coloro che hanno svenduto le loro attività ma anche per coloro che dovrebbero dividere i contributi con chi non ha subìto gli effetti economici e psicologici del terremoto.

Per la ricostruzione occorre ricreare le condizioni per lo sviluppo economico delle aree terremotate. Il sostegno e la solidarietà non bastano. Ci vogliono procedure celeri per riprendere in sicurezza le normali attività, chiarezza sui provvedimenti di rimborso dei danni e sulle agevolazioni fiscali. Le misure finora previste nel decreto per il terremoto non sono sufficienti.
Se non vogliamo la delocalizzazione, dobbiamo chiedere al Governo che in questo territorio ci sia almeno per cinque anni una tassazione zero.
Dovremmo addirittura favorire la delocalizzazione al contrario, ovvero incentivare coloro che sono andati all’estero a tornare in Italia, in Emilia, un territorio tradizionalmente favorevole per produrre ricchezza. La creazione di una “No tax area” è una misura conveniente anche per il Governo: è meglio non tassare attività produttive che danno lavoro e stipendi alle famiglie anziché pagare contributi e sussidi a fondo perduto a persone senza lavoro e senza casa. Il primo vero aiuto concreto alle famiglie lo si dà nel momento in cui si fanno partire le imprese.

Considerazione a parte merita la questione del progetto del deposito gas a Rivara.

Nonostante le prese di posizione del Ministro Clini, la società ERS non appare convita a desistere dai suoi propositi. Lo dimostrano i recenti comunicati stampa rilasciati dalla Società, di cui riferiamo nell’approfondimento.

Pubblicato: 27 Giugno 2012Ultima modifica: 08 Luglio 2022