Tra dieci anni i residenti modenesi saranno meno di 700 mila

Gli scenari futuri in una ricerca della Provincia. Nascite in calo, carenza di manodopera e la necessità di garantire i servizi a una popolazione che invecchia. I dati per distretto.
[n. 1 - febbraio 2022]

Nel 2031 la popolazione modenese scenderà sotto i 700 mila residenti, precisamente a poco oltre quota 698 mila, con un calo di cinque mila unità rispetto al 2021 e di 8.300 rispetto all’ultima rilevazione prima della pandemia, del 1 gennaio 2020.

È lo scenario che emerge dalla ricerca, disponibile sul portale dell’ente, effettuata dagli esperti della Provincia sulla base dei dati Istat degli ultimi cinque anni.

La ricerca si articola secondo tre diversi scenari, di cui quello centrale viene ritenuto il più attendibile; in un ulteriore scenario, a immigrazione zero, la popolazione residente scenderebbe, sempre nel 2031, a 669 mila unità.

Vengono analizzati, inoltre,  i dati nei sette distretti sanitari (Carpi, Castelfranco Emilia, Mirandola, Modena, Pavullo, Sassuolo e Vignola); emerge che a risentire maggiormente del calo demografico sarà il territorio dell’area nord.

«L’andamento demografico – commenta Gian Domenico Tomei, presidente della Provincia di Modena – rappresenta un elemento di forte criticità. Il calo e l’invecchiamento della popolazione pongono questioni rilevanti dal punto di vista della sostenibilità sociale ed economica, della reperibilità della manodopera, dei servizi a partire da quelli rivolti agli anziani. Per questo occorre avviare un piano nazionale a sostegno delle famiglie, per tornare a riempire le culle, che deve prevedere più servizi sul territorio, a partire da quelli sanitari e scolastici, soprattutto nelle aree svantaggiate. Si tratta di politiche che manifesteranno i loro effetti solo nel medio lungo periodo, mentre nell’immediato occorre risolvere il problema della mancanza di manodopera, rilevato a più riprese dalle associazioni degli imprenditori, per sostenere la ripresa economica. Per questo un’immigrazione controllata – rileva Tomei – nei prossimi anni può rappresentare una risorsa, altrimenti il quadro sarà ancora peggiore. Questi temi – aggiunge Tomei – vanno affrontati con un’azione che deve partire dal Governo fino a coinvolgere gli enti locali, le imprese, il sistema economico e sociale nel suo complesso. In montagna e nell’area nord sono già evidenti i drammatici effetti del calo della natalità che vengono aggravati dall’abbandono di intere aree perché svantaggiate e distanti dai servizi. Il Pnrr può rappresentare una prima occasione per rilanciare interi territori, rendendoli più attrattivi grazie agli investimenti sui servizi e le infrastrutture».

Il calo dei residenti è accompagnato dal progressivo invecchiamento della popolazione, un assetto, si legge nella ricerca, «socialmente e economicamente insostenibile» in quanto nel 2031 «non ci sarebbero abbastanza lavoratori giovani a sostituire quelli anziani in procinto di andare in pensione».

Secondo lo scenario centrale, nel 2031 gli over 65 anni saranno oltre 177 mila, il 25,4 per cento dei residenti totali, contro i 162 mila attuali, pari al 23,1 per cento. La popolazione dai 15 ai 65 anni, quella in età “attiva”, secondo le previsioni crescerà fino al 2025 per poi calare dai 446 mila del 2021, pari al 63,5 per cento, ai 439 mila, il 62,8 per cento, nel 2031.

I ragazzi fino a 14 anni, infine, passano dai 94 mila, il 13,4 per cento dei residenti totali, del 2021, agli 82 mila, l’11,8 per cento del 2031; nel 2031 quindi ci saranno più di due anziani per ogni giovane sotto i 15 anni di età.

Pubblicato: 15 Febbraio 2022Ultima modifica: 19 Luglio 2022