Il Consiglio provinciale festeggia l’Unità d’Italia

I gruppi consiliari riconoscono l’alto valore della nascita dell’Italia unita.
La Lega Nord rimarca i limiti del Risorgimento.
[n. 4 - aprile 2011]

«Il 150° è una festa solenne – ha affermato Dante Mazzi (Pdl) – che ci unisce nel giusto e doveroso ricordo di coloro che hanno voluto e creato l’unità d’Italia. Purtroppo la sinistra non ha perso l’occasione per l’ennesima strumentalizzazione, trasformando le celebrazioni dell’Unità in un tentativo di dividere gli Italiani e appropriarsi indebitamente di valori che appartengono a tutti. Riflettere – ha aggiunto il consigliere – sulle criticità costanti che ancora oggi esistono nel nostro paese, come il campanilismo, è necessario per superarle, progettare il futuro e raggiungere traguardi importanti».

Luca Gozzoli (Pd) ha replicato che «occorre aver avuto una storia, seppure travagliata, per potersi dire nazione. Celebriamo un 150° cui non manca la polemica e che perfino alcuni ministri definiscono inutile, ma se nonostante questo il Paese nella sua storia recente ha superato crisi e difficoltà e raggiunto grandi traguardi, possiamo sperare di essere un punto di riferimento per quei movimenti che nel bacino del mediterraneo stanno lottando per la democrazia». E rivolto alla Lega, Gozzoli ha criticato l’ingresso dopo l’Inno di Mameli («avete mancato rispetto anche al sindaco e non avete nemmeno partecipato al cordoglio per il Giappone») condannando «chi cerca di minare il momento di unità di uomini e donne che oggi vogliamo ricordare anche per essere più uniti e forti in un momento difficile».

Evidenziando i costi economici della festa del 17 marzo, Denis Zavatti (Lega nord) ha sostenuto che «dal Risorgimento sono nate le fratture tra il nord e il sud invaso e depredato, tra i laici e i cattolici, tra una gestione etica e una corrotta della cosa pubblica. La Lega festeggerà l’Unità d’Italia quando le grandi fratture socioeconomiche causate dai Savoia saranno state sanate e quando il centralismo cederà il passo al rispetto e alla valorizzazione delle identità plurali della nazione che solo il federalismo può incarnare». A proposito dell’assenza in occasione dell’inno, Zavatti ha affermato: «Speriamo di non aver offeso nessuno; rispettiamo l’Inno, peraltro scritto da un genovese che certo non immaginava ciò che sarebbe avvenuto con i Savoia, ma nessuno può obbligarci a riconoscerci nel suo significato».

Per Fabio Vicenzi (Udc), che ha definito «triste il fatto che forze politiche non vogliano ascoltare l’inno», il filo conduttore della storia dell’Italia unita sono «l’umanesimo cristiano e liberale e il riformismo solidale. L’Italia di oggi avrebbe bisogno che tutte le correnti politiche che si riconoscono in queste storie, a qualsiasi titolo esse siano collocate nel cattivo bipolarismo di oggi, si unissero in un grande patto comune. Per la ricostruzione dello Stato e la rinascita della Nazione». Per il consigliere inoltre, «il 150° è un’occasione per ripensare il ruolo della politica che non deve rassegnarsi a un’Italia duale che pone le basi per la divisione del paese».

Sergio Pederzini (Idv) si è immaginato, proiettato per magia ai giorni nostri, un ragazzo del 1861 «saturo di quegli ideali di patria, libertà, sacrificio e unione che aleggiavano nell’aria in quel periodo. Quale potrebbe essere il suo pensiero? Io credo che direbbe “abbiamo fatto l’Italia ma ci siamo dimenticati di fare gli italiani” e che si chiederebbe dove si sono persi molti dei valori per i quali i patrioti si sono sacrificati allora». Rivolto alla Lega, Pederzini si è dichiarato offeso per l’assenza all’Inno: «Calpestate la memoria di chi si è sacrificato per noi».

Monica Brunetti (Pd) ha posto l’accento sul ruolo delle donne nel processo di unificazione dell’Italia e oggi: «È giusto – ha affermato la consigliera – omaggiare i padri del Risorgimento ma è anche doveroso far uscire dal silenzio le donne che hanno lottato per fare dell’Italia un paese libero, unito e democratico. Queste donne, e sono state tante, hanno trasmesso a tutte le altre la consapevolezza del loro valore».

«Nel nostro Dna, spero in quello di tutti – ha sostenuto Bruno Rinaldi (Pdl) – c’è l’italianità. Purtroppo oggi, in un paese dove durante l’inno nazionale ci sono rappresentanti delle istituzioni che se ne vanno a prendere il caffè, non possiamo dare per scontata l’unità, ma se dovessimo dividerci non esiterei a spostarmi al sud che ritengo il custode dell’Italia più vera».

Pubblicato: 06 Aprile 2011Ultima modifica: 26 Maggio 2022