Avviare il percorso che, come ha annunciato l’assessore provinciale al Lavoro Francesco Ori, dovrà portare, all’elaborazione di un “patto del buon lavoro” che, con il coinvolgimento di tutte le parti sociali e il raccordo con gli enti locali, indichi le azioni prioritarie da compiere concretamente per riportare all’interno del mercato del lavoro le fasce deboli oggi espulse o a rischio di espulsione. Era questo l’obiettivo del Consiglio provinciale di Modena di mercoledì 3 novembre durante il quale, dopo la comunicazione dell’assessore Ori, si è aperto il confronto sui temi del lavoro e della disoccupazione a Modena.
Intervenendo nel dibattito, Luca Gozzoli (Pd) ha posto l’attenzione sulla perdita di posti di lavoro che «mette a rischio sia il sistema economico modenese che la società. La risposta – ha affermato il consigliere – deve creare una prospettiva futura e un processo dinamico di sviluppo e non può, evidentemente, dipendere solo dall’ente locale. L’input dovrebbe arrivare dal Governo».
Luca Ghelfi (Pdl) ha replicato che il Governo ha operato «per salvaguardare la coesione sociale ampliando il più possibile la cassa integrazione», aggiungendo che «a livello locale la politica è legittimata a pretendere un intervento organico non solo dalle banche ma anche dalle fondazioni bancarie».
Secondo Dante Mazzi (Pdl), che ha sottolineato la necessità «di ascoltare anche le opposizioni sul tema», occorre «parlare di occupazione e non solo di disoccupazione, mettendo l’accento sulla legalità. Molte imprese – ha detto il consigliere – non sono state trasparenti nel richiedere l’accesso alla cassa integrazione e le istituzioni hanno il dovere di verificare le sacche di illegalità».
Attenzione «a eventuali abusi nel ricorso alla cassa integrazione» è stata richiesta anche da Sergio Pederzini (Idv) secondo il quale «Comuni e Provincia dovrebbero confrontarsi sulle idee che sono la principale ricchezza della nostra economia».
Tre gli indirizzi di azione indicati da Fabio Vicenzi (Udc): l’innovazione tecnologica, «tema sul quale tanto si è fatto ma tanto si è sbagliato», la priorità alla formazione professionale «per rientrare nel mercato», il welfare «di cui dobbiamo evitare l’azzeramento».
Secondo Denis Zavatti (Lega Nord) «non si deve aver paura di dedicarsi al lavoro manuale specializzato, molto ricercato oggi dal mercato. Istituzioni e parti sociali possono agire per garantire a queste mansioni uno stipendio decoroso, mentre i sindacati dovrebbero intervenire contro l’invasione di lavoratori stranieri che lavorano sottocosto».
La situazione delle donne, «particolarmente danneggiate dalla crisi», è stata al centro dell’intervento di Monica Brunetti (Pd) per la quale «va contrastato il lavoro nero e irregolare, che colpisce soprattutto le donne» e vanno incentivate «la aziende che investono sul capitale umano femminile di qualità».
Dopo aver ribadito l’importanza della collaborazione di tutti, Bruno Rinaldi (Pdl) ha affermato che sarebbe opportuno rivedere «sia il modello di impresa sia l’approccio sindacale» e che è nelle competenze degli enti locali «trovare il modo di incentivare le imprese a restare sul territorio».
Facilitare l’incontro tra scuola e lavoro e «programmare con lungimiranza l’offerta formativa» sono gli obiettivi prioritari secondo Giorgio Siena (Pd) che ha ricordato il fatto che quasi il 50 per cento dei disoccupati ha meno di 34 anni e che «un numero significativo di giovani con diploma professionale o tecnico non trova lavoro».
Per Ennio Cottafavi (Pd) tra gli ambiti di intervento della Provincia «c’è il sostegno, ancor più di quanto già si sta facendo, alle piccole e medie imprese».