Ghirlandina è il nome con cui è tradizionalmente conosciuta la torre campanaria del Duomo di Modena. Alta 86,12 metri, ben visibile al viaggiatore che arrivi in città da qualunque punto cardinale, la torre è il vero simbolo di Modena.
L’originale Torre di San Geminiano, di pianta quadrata, innalzata su cinque piani entro il 1179, fu poi rialzata nei due secoli successivi (anche per motivi di rivalità con le torri bolognesi) con l’introduzione della caratteristica punta ottagonale, secondo un disegno di Arrigo da Campione, uno dei tanti ‘Maestri campionesi’ che tra Duecento e Quattrocento aggiornarono lo stile della cattedrale al nuovo gusto gotico. La punta è ornata da due ghirlande, vale a dire due ringhiere di marmo, da cui il nome.
Alla fine dell’Ottocento alla torre furono fatti diversi lavori. Nel 1890 fu riparata la parte piramidale superiore esterna e nel 1893 dopo aver impiantato una grande armatura tutta intorno fu eseguito il rivestimento in marmo di Verona. I lavori terminarono nel 1897 e dopo il collaudo dell’ingegnere Giacomo Gallina del Regio Genio Civile la Ghirlandina tornò allo stupore dei modenesi e non, più bella che mai.
Ad opera del Comune di Modena, della Fondazione Cassa di risparmio di Modena, della Regione Emilia Romagna e della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna, nel 2008 sono iniziati i lavori di restauro del Duomo e della torre campanaria che presentavano alcune lesioni. Mentre le impalcature attorno al Duomo, rimasto in attività e visitabile, lasciano intravedere l’architettura e in parte anche le famose lastre di Wiligelmo, il Comune ha commissionato all’artista Domenico Paladino una copertura provvisoria costituita da un telo, al fine di nascondere le impalcature della torre Ghirlandina, sul quale erano riportate figure geometriche di vari colori e che è restato fino al termine dei lavori. L’opera d’ingegno è stata regalata alla città.
Una scelta che fece discutere, ma che dopo il primo impatto, ha rappresentato un felice abbinamento artistico, un “vestito” degno di tale meraviglia. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera)
L’intervento sulla Torre Ghirlandina ha permesso il restauro e il consolidamento del materiale lapideo. I controlli effettuati da alcuni anni tesi a verificare l’evoluzione della pendenza e il degrado delle pietre, hanno fornito la mappatura dei litotipi da cui è stato possibile rilevare l’utilizzo di blocchi provenienti dalle vestigia dell’antica Mutina, realizzate con materiali lapidei provenienti dall’area veneta (pietra di Vicenza e trachite) e dalla regione istriana e triestina (pietra d’Istria e pietra d’Aurisina).
La parte terminale della torre (sesto piano, lanterna e cuspide), realizzata fra il XIII e il XIV secolo dai Campionesi, vede l’impiego esclusivo di ammonitico veronese, materiale caratteristico, insieme all’arenaria, dell’attività di queste maestranze anche nella cattedrale.
Sono stati eseguiti numerosi carotaggi per valutare lo stato dei terreni di fondazione e la situazione archeologica dell’area circostante la torre. Questi ultimi hanno consentito di intercettare il materiale che componeva l’antica via Emilia: le fondamenta della Ghirlandina risultano costruite all’interno dei depositi alluvionali sovrastanti la strada romana. Il peso della torre, che si inclinava già durante le successive fasi di costruzione, ha trascinato con sé anche lo strato romano. Il cantiere è di tipo sperimentale e prevede che i materiali impiegati per il consolidamento e la protezione delle pietre siano precedentemente testati in situ.
L’intervento si è presentato molto complesso per il largo impiego di resine epossidiche utilizzate in un precedente restauro. Queste sostanze sono di difficile asportazione e su alcuni tipi di pietra presentano evidenti distacchi.